
La nostra esistenza viene plasmata fin dai primi giorni di vita dalle relazioni, in primis quelle con le nostre figure genitoriali.
Proprio da questi esempi apprendiamo un vero e proprio stile relazionale ovvero un modello di riferimento per entrare in relazione con l’altro, al quale attingiamo ogni volta che dobbiamo definire la nostra dimensione affettiva/emotiva/comportamentale rispetto all’altro. Quello che ne deriva, quindi, non solo influenza le nostre relazioni con gli altri ma soprattutto quella con noi stessi. Il modo in cui costruiamo una relazione, il modo in cui la portiamo avanti e il ruolo che le attribuiamo ci dice esattamente il modo in cui percepiamo noi stessi ed il valore che ci diamo.
Per questo motivo tutte le volte che abbiamo a che fare con problematiche di tipo relazionale, dovremmo partire ad analizzare il rapporto che abbiamo con noi stessi: la nostra autostima, la nostra percezione di autoefficacia nel mondo. Per esempio, sperimentare durante l’infanzia la mancanza di cura e di amore porta a vissuti di inadeguatezza e a percepirsi come oggetto non degno di essere amato. Quando il bambino è iperprotetto sviluppa la percezione di sé come incapace di affrontare da solo le difficoltà della vita.
È proprio su queste credenze di sé che si sviluppa la modalità con cui ci relazioniamo agli altri. Ed è proprio su questi aspetti che è necessario lavorare per imparare a costruire rapporti sani ed equilibrati.
La dipendenza affettiva è una modalità patologica di entrare in relazione con l’altro, è definibile come uno stato interno in cui la relazione di coppia è vissuta come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza. Uno dei tratti salienti è sicuramente il bisogno e il desiderio di fusione totale con l’altro, che diventa il perno ed il centro della propria esistenza.
La scelta da parte del soggetto dipendente di un determinato partner non è casuale. Il dipendente ha spesso una percezione di sé come una persona non meritevole d’amore. Di conseguenza tenderà a scegliere inconsapevolmente partner problematici, evitanti, anaffettivi che andranno a confermare l’immagine negativa che il dipendente ha di sé.
Questo è il motivo per il quale tutte le relazioni tendono a recitare il medesimo copione.
Solitamente si parla di vera e propria dipendenza quando la relazione inficia su più livelli (sociale, economico, lavorativo, emotivo..etc) l’esistenza della persona impedendole una vita normale. Tuttavia esistono comunque modalità malsane di condurre una relazione che possono certamente arrecare danni e sofferenze, anche pur non trattandosi di una patologia conclamata.
Per uscire dal vortice delle relazioni disfunzionali il primo passo è la consapevolezza del proprio funzionamento e dei propri schemi. Solo così è possibile intervenire nella relazione con l’altro.
La terapia psicologica può aiutare a riconoscere le complesse trappole cognitive ed emotive che conducono a difficoltà e infelicità.